dal 5 al 17 febbraio 2019
di Maricla Boggio
regia Jacopo Bezzi
con Massimo Roberto Beato, Elisa Rocca, Alberto Melone e Sofia Chiappini
Un elegante salotto borghese fa da trait d’union per un
piacevole, divertente e grottesco susseguirsi di avventure mondane tra
nobili e antiche casate, giovani autori teatrali e donne misteriose. A
questo “teatrino” assiste e collabora un divertito Gabriele D’Annunzio,
rievocando le sue giovanili avventure mondane in un caleidoscopico tableau vivant,
fatto di costumi, strass e damaschi, poesie e lettere grondanti
passioni epistolari. Un grammofono scandisce il tempo delle
scene regalandoci musiche, canzoni e ricordi di un tempo che ormai
sembra appartenere a nostalgici ricordi, ma che nella sua ironia e
verità, ci appare oggi più attuale che mai.
Jacopo Bezzi
Il teatrino di D’Annunzio giovinetto
Maricla Boggio
Nelle cronache apparse tra il 1884 e il 1888 sul “Capitan Fracassa” e
sulla “Tribuna”, firmate “Il Duca Minimo” oppure “Lila Biscuit”,
apparivano i personaggi della Roma umbertina da pochi anni animata da
una classe superbamente rampante, formata di aristocrazia recente e di
borghesia arricchita nelle professioni e nei commerci; vogliosa di
imparentarsi con la nobiltà antica e languente di una Roma papale al
tramonto, questa classe emergente ne imitava maldestramente i
comportamenti, aggiungendovi di suo una vigorosa e spregiudicata volontà
di affermazione e di godimento.
Sotto quei bizzarri pseudonimi si nascondeva D’Annunzio giovinetto; assetato di esperienze, il giovanissimo poeta prendeva parte con gioiosa avidità alla vita mondana e si divertiva poi a descriverla con ironia, qualche punta di premeditata volgarità e talvolta perfino con un malinconico rimpianto alla tramontata purezza dei costumi; gli articoli svelti subito diventavano “favole”, quasi prove per più vasti disegni, in età matura poi sviluppati nei romanzi.
I personaggi dei miei brevi atti sono balzati fuori dalle agili cronache mondane, a respirare con vita propria la vastità liberatoria del teatro attraverso una strutturazione di mondi a ciascuna storia pertinente, nei quali rappresentare le loro vicende esistenziali con soluzioni talvolta più crudeli di quanto offrisse lo spunto della pagina letteraria, in una chiave critica e distanziata pur nella trattazione nostalgica o addirittura grottesca.
Messo al corrente di questo gioco di risvegli, D’Annunzio “Non obsto…non obsto…” direbbe nel suo linguaggio raffinato e un po’ goliardico, e mi auguro che si divertirebbe a questo “teatrino”, con qualche punta di meraviglia nel vedere rivelati in scena vezzi, pettegolezzi, tradimenti e sentimenti della sua Roma umbertina.